venerdì 8 ottobre 2010

Quando ho iniziato a (in)seguire il sestetto, su e giù per mezza italia, non credevo che sarebbe durata.
Pensavo di prendermi una pausa, un momento di svago.
Pensavo di concedermi brevemente l’adolescenza che per vari motivi non avevo avuto fino a quel momento.
Un entusiasmo intensissimo, incendiario. Ma forse di breve durata.
E che tutto si sarebbe assestato velocemente, incasellandomi nuovamente in un’asettica razionalità.
E invece eccomi qui, a distanza di anni.
A mettere insieme pezzetti di vita.
A gustarmi una serata particolare da una postazione vip.
A guardarmi intorno, con il mio cappellino da folletta calato su pensieri custoditi da una chioma liscia-liscia.
A sentirmi perfettamente a mio agio. In quel luogo. In quel momento. Con quelle persone.
A sentirmi ‘a casa’.
A seguire le note e il flusso dei pensieri.
A emozionarmi per la musica.
Ad assaporare un bicchiere molto pieno, non solo metaforicamente.
A sentirmi parte di tante cose.
A godere dell’empatia delle persone a cui voglio bene.
A recapitare stelline esageratamente dolci.
A gustarmi un abbraccio fortemente vero.
A correre incontro all’ultima ritardataria.
A ridere di burle promesse e minacciate da tempo.
A ripassare il teorema di pitagora alle 2 di notte: la somma dei quadrati dei lati...
A sorridere di appuntamenti mancati all’autogrill, che é un peccato essere partita troppo presto se no facevo tappa anch’io per una sosta alla caffeina.
A far funzionare la mia testolina come una fucina di sogni colorati.
Come se questa vita mi fosse sempre appartenuta.
Aggirandomi su un treno fermo. Immobile. Ma per me, in questo momento, pieno zeppo di vita.

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