Fare tardi tre sere consecutive non mi fa bene alla salute.
Tutto è cominciato mercoledì scorso.
Dopo una giornata a rincorrere quotidiani svolazzanti e
pagine di giornale ritagliate e spedite sinteticamente.
Vestirmi da geisha per una serata vagabonda e milanese.
Scimmie!
Abbandonare la macchina a quasi tre chilometri di distanza e
dovermi attraversare a piedi vari quartieri.
Bestemmiare contro i sampietrini, ma appena arrivata a
destinazione sentire gridare il mio nome da quattro scalmanati che mi piombano
addosso ridendo festosi mi ripaga di tutto.
Anche il barista-pazzo mi sfotte per il mio soprannome. Ma va
bene così.
Il live che sta per cominciare, il mojito da litro, il
tavolino ammaccato, il cesso senza luce, le
chiamate-perse-su-telefono-dispettoso, Pepe e la sigaretta “incendiaria”,
l’odore di bruciato, la ‘lima’ o la ‘rima’ o comunque si dica, i messaggi
NewYorkesi, il vestito con lo spacco.
Mi fate stare bene.
Un tizio spuntato dal niente mi artiglia il braccio e vuole
sapere il significato del mio tattoo, ma la frase lo spaventa a tal punto che
batte subito in ritirata e sparisce nei rumori della notte milanese.
Ci sediamo fuori, sui tavolini davanti al naviglio, e sono
finalmente abbastanza ubriaca per affrontare l’argomento:
“senti C., diciamo che ci sia una persona che non è che mi
piaccia, però magari non mi sta neanche così antipatico… e diciamo che tu lo
conosci…”
… La sue risposta “secondo me, no” mi spalanca un mondo, che
forse sta solo nella mia testa.
“oh, però sai che scena?? Alle 2 di notte, telefonargli mentre
sta dormendo, e chiedergli: senti *****, ma tu, per caso sei fidanzato??”
Grazie C. solo tu sai farmi ridere così!
È tardi, ed è ora di tornare a casa.
Percorso inverso, affrontato con l’impavida spavalderia di
un esploratore.
Scarpe in mano e sigaretta tra i polpastrelli attraversare
mezza Milano a piedi scalzi.
Una tipa ubriaca mi indica la strada e mi racconta di quella
volta che ha conosciuto DavidBowie (anche se ci tiene a specificare che il suo
cantante preferito è Prince). Le offro una sigaretta e proseguo.
Deviazioni impreviste e poi finalmente piombo di schianto
nel letto.
Off.
Venerdì sera la festa di Reggiolo mi fa dare il meglio di me.
Stanchissima ma felice, con un Gin-lemon in mano passeggio
nel prato con i miei stivali bassi e un sorrisone da paracula stampato in
faccia.
So di essere a casa. So di essere intoccabile.
I mercatini e l’acquisto di lampade.
J. sul palco ipnotizza tutti con i suoi occhi di dolcissima
tigre indiana.
Seduta sulla transenna mi lascio cullare dalla musica, e
dall’alcol, strafottente e divertita.
Strafatta di buone vibrazioni.
La serata estiva.
I grilli che cantano in sottofondo.
Tutto molto bello, almeno fino a che un muro di acqua si
abbatte sulle nostre teste e ci costringe a battere in ritirata.
Corro. Corro senza neanche guardare dove sto andando.
Prego solo che la mia bussola mentale non abbia staccato la
spina proprio stasera e che mi guidi nel punto esatto dove ho lasciato la
macchina.
Corro, scivolo sull’erba bagnata, corro ancora, arranco
sotto la pioggia torrenziale, fango ovunque, il parcheggio è ormai un poccio
indistinto, schiaccio il pulsante sulle chiavi all’impazzata, in lontananza
quattro frecce arancioni si illuminano, rischio di farmi investire, raggiungo
la macchina, sbando, mi aggrappo allo sportello e finalmente mi ci chiudo
dentro, al riparo.
Resterò così, fradicia dentro alla macchina per quasi
un’ora. C’è anche il tempo per un sonnellino. Con il telefono scarico. Tagliata
fuori dal mondo.
Da quanto tempo non mi capitava di dormire in macchina?
Non
importa… Rock is an attitude.