lunedì 11 ottobre 2010


(Foto di Catherine Opie - Oliver in tutu)

É difficile stabilire con precisione quando una passione ha avuto inizio.
Non tutto ha una data, una linea di start, una griglia di partenza. Certe emozioni hanno i bordi sfumati.
Quello che mi ricordo con precisione sono frammenti, tesserine colorate di un mosaico, come in un puzzle. Come azzurre piastrelline di piscina.
Erano gli anni in cui si faceva merenda con il ‘tegolino’ del mulino bianco e il mio orologio biologico era puntato sulle 4 e mezza del pomeriggio quando in televisione c’erano Mila e Shiro.
Ricordo che abitavamo nella vecchia casa e che era un pomeriggio di sole in una giornata di inizio estate.
Ricordo che erano i primi anni ottanta, avrò avuto 3 o 4 anni al massimo.
Ricordo che mi ero infilata i fuseaux neri che mia madre mi aveva comprato il giorno prima, il tutù rosa del saggio di danza, un paio di orecchini dorati della genitrice (di quelli a clip, che non serve avere i buchi alle orecchie), il rosario di madreperla della nonna devotissima, e un mazzo di braccialetti di gomma nera e fluorescente, di quelli che tutte le bambine avevano in quegli anni.
Ricordo che con indosso questo improbabile outfit ero saltata sul divano sgangherato del nostro soggiorno cantando “like a virgin” e mimando un buffo balletto in perfetto stile Lady Ciccone.
Ricordo che mi portavo e mani al petto con gli occhi chiusi, per mostrare quanto fossi straziata dal ragazzo che mi aveva appena spezzato il cuore e che mimavo pose sexy dimenando a ritmo di musica il mio corpicino paffuto di bimbetta di 4 anni.
Non avevo neppure idea di che cosa parlasse il testo della canzone.
Non avevo neppure idea di cosa significasse avere il cuore spezzato.
Ma sentivo uno strano piacere che passava dalle orecchie e arrivava dritto dritto allo stomaco.
Ricordo che i miei mi guardavano divertiti, ma senza dare troppo peso alla cosa.
Ma ripensandoci adesso sono sicura che se solo avessero immaginato quanto quel momento avrebbe influenzato la mia vita futura, alterandone le priorità e piegandone i ritmi a suo piacimento, avrebbero di certo bruciato in un bidone del kerosene tutta quella accozzaglia di robaccia trash.
E così, tra le puntate di ‘Mimì e la nazionale di pallavolo’ e le confezioni di biscotti ‘pan di stelle’ del Mulino Bianco, tra ‘Beverly Hills 90210’ e i compiti di scuola, il rock si era infilato nella mia vita, prendendo alloggio nella mia testolina e aggiudicandosi un posto in prima fila tra tutti i miei pensieri presenti e futuri.
Dicono che ciò che sei nei primi tre anni di vita te lo porterai dietro per tutta la tua esistenza.
Ecco. Io a tre anni ero così. Non sapevo bene da dove arrivassero quei suoni ma sapevo che quello stano piacere che avevo provato ascoltando quella canzone me lo sarei portata dentro sempre.

colonna sonora: joan jett - i love rock and roll



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