giovedì 30 dicembre 2010





... A 84 anni suonati, Hugh Hefner ha deciso di mettere la testa a posto.
Lo storico fondatore di Playboy un paio di giorni fa ha infatti regalato un anello di fidanzamento alla sua compagna 24enne, la bionda Crystal Harris.
Si tratta del terzo matrimonio per Hugh Hefner: il precedente è terminato nel 2009 dopo 11 anni di separazione; il primo matrimonio invece finiva poco più di mezzo secolo fa, nel 1959.
Nel frattempo si sono susseguiti:
decine di fidanzamenti,
qualche dozzina di convivenze,
e un numero imprecisato di storie e storielle.
... alla faccia di tutti gli invidiosi che lo criticano,
alla faccia di tutti i maligni,
come si dice in occasione dei compleanni... (é proprio il caso di dirlo!):
cento di questi giorni Mr.Hefner!
(... con cento conigliette diverse, ovviamente!)

colonna sonora: Playmate of the year - Zebrahead





Il gatto dei miei vicini ama sdraiarsi nel presepe del condominio.
Sono quasi sicura che si sia convinto di essere anche lui un bambin Gesù.
Solo un po’ più pasciuto e peloso.



L’altro giorno nella piazza del mio paese c’era un tale vestito da babbo natale con la sua slitta e accompagnato da una bellissima piccola renna.
Una bestiolina davvero deliziosa.
Ovviamente mi sono avvicinata per grattargli la testolina.
Così facendo ho scoperto che le renne hanno un aspetto davvero buffo:
hanno le zampette sottilissime e i piedoni enormi per camminare agevolmente sulla neve e intorno alle orecchie hanno un pelo meraviglioso: una specie di velluto di seta impalpabile.

Intanto che affondavo i polpastrelli in quella meraviglia pelosa lasciandomi annusare dalle sue narici curiose mi sono sentita un po’ come Kevin Spacey nel film American beauty (che se non avete visto vi consiglio caldamente):

«Potrei essere piuttosto incazzato per quello che mi è successo, ma è difficile restare arrabbiati quando c'è tanta bellezza nel mondo. A volte è come se la vedessi tutta insieme... ed è troppa. Il cuore mi si riempie come un palloncino che sta per scoppiare e poi mi ricordo di rilassarmi e smetto di cercare di tenermela stretta, dopo scorre attraverso me come pioggia e io non posso provare altro che gratitudine... per ogni singolo momento della mia stupida piccola vita.
Non avete la minima idea di cosa sto parlando... ne sono sicuro. Ma non preoccupatevi... un giorno l'avrete.»




giovedì 16 dicembre 2010




Ozzy e il pipistrello iperproteico


L’altra sera ho visto su MTV un pezzetto del live di Ozzy.
Come sempre in gran forma: voce potente, sguardi infuocati, grinta da vendere.
Tuttavia devo segnalare che la t-shirt nerissima d’ordinanza che indossava gli fasciava un po’ troppo il girovita.
Diciamo che si intravedevano parecchi rotolini e una discreta pancetta.
Eh si, il buon Ozzy ha messo su, a occhio e croce, almeno una decina di chiletti.
(ok, l’espressione ‘a occhio e croce’ é una scelta di parole un po’ infelice ma insomma, avete capito il concetto...).
Il sig. Osbourne, a mio parere, dovrebbe seriamente pensare di rivedere il suo regime alimentare a base di pipistrelli, sostituendo le pietanze a base di nottola con una sana dieta mediterranea.
In caso contrario Ozzy rischia di assumere la forma di un cotechino.
Un cotechino Satanico.
Ma pur sempre un cotechino.
Colonna sonora: Ozzy Osbourne - Get's Me Through
... Tra pochi giorni compirò trent’anni,
tutti mi chiedono come mi sento, che effetto mi fa.
Rispondo che mi sento da Dio.
Davvero.
Mi tornano in mente le parole di Jovanotti: una volta durante un’intervista ha detto:
“Quando hai 10 anni, hai solo i tuoi 10 anni.
Quando hai 20 anni, ne hai 10 e ne hai 20.
Quando hai 30 anni, ne hai 10, ne hai 20 e ne hai anche 30. E così via.”
É vero.
Ripenso a quando ero ragazzina.
Mi rivedo.
Arrabbiata, accigliata, amareggiata.
Barricata dietro al mio risentimento e chiusa nel mio dolore,
Mi rivedo impegnata a farmi scudo con tutta la durezza di cui ero capace.
Trincerata con le mie convinzioni, impiegare tutte le mie forze nel tentare di proteggermi.
Una ruga di espressione per la fatica di sembrare forte, sicura. Mentre dentro di me morivo di paura.


Poi mi guardo oggi.
Sono una che si diverte.
Non ho paura di mostrare i miei sentimenti, anzi li uso per trarne forza e linfa vitale.
Mostro il mio viso senza trucco e senza maschere.
Molte volte allegra, qualche volta triste: sono semplicemente quello che sono.
Guardo al futuro con curiosità.
Mi tengo strette tutte le cose buone della mia vita e mi lascio scorrere addosso tutto quello che non mi piace.
Qualche volta mi arrabbio, come tutti, ma il più delle volte sorrido.
Ce la metto tutta per far girare le cose a modo mio.
Ma quando qualcosa proprio non va ho imparato anche a guardare oltre.
Direi che mi sento molto più libera e spensierata adesso di quando avevo 12 o 13 anni.
Stringo tra le mani il timone del mio veliero, puntando al futuro, con il sole e il vento in faccia.
Mi sono comportata da vecchia quando ero ragazzina.
Oggi sono nel pieno della mia adolescenza!
.... per sempre minorenne nel cuore!
Colonna sonora: Jovanotti – La linea d’ombra



Scrivo sull’emozione della nuova canzone di Rihanna.
In generale non mi piace la sua musica, ma devo ammettere che questa volta la brunetta provocatrice ha veramente centrato il bersaglio.
‘I love the way you lie’.
E un video molto fisico, molto crudo.
E pugni, e botte.
E Megan Fox con quel sorriso distante, quasi distratto, con quella bellezza un po’ consumata che le appartiene.
E una casa che va a fuoco.
E un pugno allo stomaco.
Ecco, ci vorrebbero più canzoni così.
Che parlano dei sentimenti più veri, quelli che bruciano come kerosene.
E meno paroline dolci, e meno zucchero a velo, e meno immagini patinate.
L’amore vero é violento, é crudo, é liti, é graffi, é morsi, é bisogno fisico, é contatto, é impulso, é accecante.
É senza filtri.
É senza veli.
Si nutre di baci dati con i denti e carezze fatte di unghie e nervi.
É lotta, é annusarsi, é mordersi, é guardarsi, é contrasto, é forza, é toccarsi e consumarsi.
E a volte la linea di confine tra fare l’amore e fare a botte é più sottile di quanto si creda.

... Più morsi per tutti!!!

Colonna sonora: Sex - Negrita



giovedì 2 dicembre 2010




Qualche sera fa.
Dopo una serata delle nostre,
una di quelle serate perfette, in cui niente potrebbe andare storto,
una di quelle serate in cui il bilancio é sempre e comunque in positivo,
una di quelle che si tira tardi per il semplice gusto di farlo,
una di quelle in cui ti siedi per terra, accovacciata a goderti quel flusso di energia straordinario che nutre più del cibo,
in cui hai bisogno di un appoggio sicuro sennò quella corrente positiva ti travolge.
Dopo una di quelle serate, é capitato di imbattersi in una ragazza sconvolta, giovanissima, forse ubriaca, forse no, di sicuro disperata.
Poco si capiva di quello che diceva, anche perché, tra le lacrime, non parlava italiano ma solo portoghese.
Singhiozzava e tremava.
Forse in stato di shock, forse semplicemente perché alle 3 di notte e in pieno inverno era vestita solo con i jeans e un minuscolo top.
Pare che nel caos del locale stra-pieno avesse perso le sue amiche e che fosse rimasta tutta sola.
Sarà stata la sbronza o altro, fatto sta che piangeva e singhiozzava in un delirio irrazionale ma disperato.
Con la buona volontà di tutti abbiamo provato a calmarla, ma oltre ad aggrapparsi a noi come un animale terrorizzato, altro non siamo riusciti a farle dire.
Alla fine l’abbiamo accompagnata al punto di soccorso dove i volontari dell’ambulanza l’hanno soccorsa. Giusto in tempo, un secondo prima che crollasse a terra priva di sensi.
E mentre io e Alessia tentavamo di consolarla, mentre lei si aggrappava a noi in un abbraccio isterico, mentre le accarezzavo i capelli lunghissimi, mentre le dicevamo di stare tranquilla che in qualche modo l’avremmo aiutata noi, mentre mi prendevo anche una testata involontaria durante un goffo abbraccio, mi é tornato in mente di quando, qualche anno fa, una donnetta qualsiasi, una di quelle che dicono anche di essere tue amiche, squallidamente omofobica, mi ha accusata di essere lesbica e di averci insistentemente provato con lei. Tutto questo solo perché avevo cercato un abbraccio in un momento per me molto cupo.
Assurdo.
Aldilà del fatto che anche se fossi lesbica non me ne vergognerei di certo,
aldilà del fatto che non lo sono,
ho ripensato a come la fisicità fa prepotentemente parte del mio modo di essere,
di come il mio corpo é per me strumento di espressione,
di come é fonte di ispirazione, di come amo mostrarlo e ‘usarlo’,
di come mi piace esprimermi e comunicare attraverso di esso.
Di come fa parte del mio linguaggio.
Di come é vitale per me ‘sentirlo’ in ogni cosa che faccio.
Mi dispiace, se qualcuno non é in grado di capire tutto questo, non é colpa mia.

Colonna sonora: Katy Perry - I kissed a girl
Ma anche:
T.A.T.U. – Friend or foe


(Foto rubate nel web: whatisrealityanyway e nowemma.blogspot)

mercoledì 24 novembre 2010






Quando ero piccola una delle cose che più mi piaceva fare era disegnare gioielli e bijoux favolosi sulla carta quadrettata dei quaderni di scuola...
Immaginavo diademi, bracciali e qualsiasi tipo di prezioso ornamento.
Poi li coloravo scegliendo dall’astuccio i colori più sfacciati e incredibili.
Infine ricoprivo tutto con due passate di scotch trasparente (per rendere più robusta la carta e al tempo stesso impermeabilizzare il tutto), li ritagliavo... et voilà!
Mi immaginavo di essere una principessa di qualche paese esotico alle prese con il tesoro di Ali Babà e i 40 ladroni.
Organizzavo anche delle sfilate di moda nel salotto di casa dei miei.
La catwalk era il corridoio tra il soggiorno e la cucina.
Mi faceva sentire un autentico pavone in miniatura.
Ora girovagando su internet ho scoperto questa nuova mania: si chiama “jewelgraphy” e pare che consista nella realizzazione di gioielli fatti di carta (!!!!)
... le idee più semplici sono sempre le più avveniristiche!



venerdì 19 novembre 2010



... La Gianna nazionale é apparsa pochi giorni fa sulla copertina di Vanity Fair.
Con questa immagine.
Vorrei saper descrivere con parole quello che mi ha mosso dentro questa immagine.
Non é una questione di gravidanza, o di maternità. é una questione di grinta.
Proverò a spiegarmi:
Le generazioni precedenti alla mia crescevano con il mito di cenerentola, di biancaneve, o della bella addormentata nel bosco. Donne dolci e umili che alla fine venivano comunque premiate. Docili e stupide, che alla fine avevano comunque il loro squallido ‘happy end’.
Col cazzo.
Ho sempre rifiutato questo stereotipo.
Secondo me tutto quello di buono che ti arriva nella vita é perché hai lottato.
Perché te lo sei conquistato.
Perché hai mostrato i denti e le unghie.
Mi rifiuto di piegarmi all’idea che basta starsene lì a sperare e i tuoi desideri si realizzano da soli.
Non ci sarebbe gusto.
Ecco.
Questa foto della Gianna col pancione e la maglietta “God is a woman”, bella, sorridente, spettinata, grintosa, forte, indomita, é la mia personale idea di favola a lieto fine.
É un modello.
É la dimostrazione che qualsiasi sia il tuo sogno, devi conquistartelo.
Che per quanto sia difficile ce la puoi fare.
Che se ci metti passione e impegno, se ci investi tante energie, alla fine ce la fai.
É cenerentola che va al ballo guidando il suv e con la zucca ci cucina i tortelli.
É la prova che alla fine i buoni vincono.
Non solo nelle favole.

Colonna sonora: Gianna Nannini - Grazie
Ma anche: Vasco - Laura aspetta un figlio per Natale




... l’altra sera, dopo il programma di Fazio e Travaglio, mi é tornata in mente una cosa...
É successo qualche anno fa quando ero ancora studente e prendevo i mezzi pubblici tutti i giorni per andare a scuola.
Un pomeriggio di luglio, di ritorno da un esame.
Sotto un sole impietoso, come solo in luglio a Milano.
Le lamiere della metropolitana di superficie arroventate che ci potevi cuocere sopra un uovo strapazzato.
A un certo punto é salita sul treno una bambina, da sola.
Piccolissima, avrà avuto 5 o 6 anni al massimo.
Stravolta, di stanchezza, di caldo, di sfinimento.
Una zingarella bambina ma con lo sguardo già da grande, di chi é dovuto crescere in fretta suo malgrado.
Una bambola con il vestito rovinato.
Ricordo di aver pensato “Santo cielo, con questo caldo, chissà da quante ora non beve un goccio d’acqua.”
Ha recitato la sua filastrocca e ha percorso il vagone per la sua piccola questua, trascinando le scarpe stanche lungo il vagone semi-vuoto nell’orario di metà pomeriggio.
Ricordo di averle dato un paio di merendine che avevo nello zaino di scuola e qualche moneta.
Un’altra ragazza accanto a me, anche lei studente, le ha dato un succo di frutta.
Altri ragazzi anche loro un po’ di soldi.
Lei ha raccolto il suo piccolo bottino, ci ha sorriso, e ha proseguito.
Un vecchio seduto di fronte a me, un vecchio bastardo, un vecchio con lo sguardo cattivo, come solo gli egoisti sanno essere, si é frugato in tasca, ha preso due monete da 1 centesimo l’una e gliele ha buttate sul pavimento lurido della metropolitana.
Gliele ha buttate in terra perché lei fosse obbligata a chinarsi per raccoglierle.
Gliele ha buttate con disprezzo come non butterei neanche un boccone di pane a un randagio.
Lei si é chinata e ha raccolto le due monete da un cent.
Si é rialzata, e ha osservato quei due dischetti di rame nella sua mano.
Si é guardata in giro, ha guardato me e gli altri ragazzi che erano sul treno.
Poi ha volto lo sguardo verso il vecchio.
E gli ha restituito le monete.
Dando a lui una lezione di vita, e tatuando nella mia testa quella scena in modo incancellabile.
Sono passati un po’ di anni, ma mi ricordo questo episodio come se fosse accaduto ieri.
Ecco, questo vorrei dire:
Io resto qui, perché credo che possiamo fare molto meglio di così.
Io resto qui, perché penso che gli italiani siano, mediamente, di gran lunga migliori di quello stupido vecchio.

Colonna sonora: Shakira - Gipsy
ma anche: Negrita - Ma come fanno
L'angolo delle frivolezze e del Trash:

L’altra sera, cazzeggiando tra i tanti canali spazzatura di Sky, mi sono imbattuta in un programma super-trash.
Si tratta di “fashion police”... una cozzaglia di spezzoni di programmi spazzatura rimaneggiati e rimasticati (a volte si trovano anche i segni dei denti dei produttori del format) da una giuria di esperti (???) che valutano il look e gli ‘outfit’ delle varie star.
É davvero televisione spazzatura, lo so.
Riduce i neuroni degli spettatori a una massa di girini comatosi, lo so.
E non dovrei assolutamente guardarla, lo so.
Ma qualche volta me ne guardo una puntata... Così, tanto per farmi del male.
Ora, vorrei parlarvi un attimo di come é composta la giuria di questo programma così edificante:

Joan Rivers - vulcanica e senza peli sulla lingua, sempre molto anfetaminica e a tratti cattivissima.
Giuliana Rancic – bellissima anche se un po’ perfettina... molto 'prima della classe'!
George Kotsiopoulos – notizie non pervenute... mai sentito nominare prima!
Kelly Osbourne - ... avete presente, vero????

Non fraintendetemi, mi piace Kelli Osbourne, é simpatica, e di sicuro adoro il suo satanico paparino... ma come può proporsi come esperta di moda, atteggiarsi a icona di stile e raffinatezza una che fino allo scorso anno si vestiva... così!??

This is... Me!





(immagini rubate dal web)

Domenica pomeriggio.

Tuta da ginnastica e i-pod come compagnia per la mia corsa pomeridiana.
Esco di casa, attraverso la strada di corsa e mi perdo in una zona verde, con pochissimo traffico.
La musica mi fa compagnia e le gambe prendono subito il ritmo giusto.
All’improvviso un brivido sgradevole, una sensazione inquieta che mi prende di sorpresa.
É l’odore aspro di resina, probabilmente viene da qualche albero spezzato dai recenti temporali o dalla neve dell’inverno scorso.
Marcel Proust diceva che gli odori hanno il potere di farci muovere indietro nel tempo.
Aveva ragione.
All’improvviso mi ritrovo bambina e sono di nuovo la ragazzina cresciuta tra i monti.
Quando andavo per boschi con mio cugino, più grande di me di soli 2 anni, e ci fermavamo ore a ascoltare il silenzio, quel silenzio surreale che c’é solo nel bosco, e l’unico rumore arriva dall’alto ed é il vento che accarezza le punte delle chiome degli alberi sopra le nostre teste. Un silenzio ovattato, accompagnato da un odore umido, che diventa ancora più forte se é in arrivo un temporale. E i ciclamini, che sono piccolissimi ma hanno un profumo fortissimo, mica come quelli del fiorista. E passavamo pomeriggi interi nei boschi, a inventarci storie, noi due e il nostro cane, che tirava come un disperato e io tornavo a casa con un braccio indolenzito per la fatica di tenerlo al guinzaglio. E una volta ci siamo addormentati ad ascoltare quel silenzio, sdraiati in quel fresco fogliame, e quando ci siamo svegliati c’era un cerbiatto che ci fissava, immobile a pochi metri da noi.
All’improvviso mi tornano in mente tutte queste cose.
Quando mio cugino mi ha insegnato a contare gli anelli di un tronco tagliato per stabilire l’età delle piante.
Quando io e lui passavamo ore e ore nel vecchio fienile.
Quando mi hanno insegnato a spaccare la legna per il camino: “bisogna stare ben piantati sui piedi, sennò rischi di tirarti l’accetta in una gamba”.
Quando abbiamo raccolto tutte le mele di un albero per portarle ai cavalli di un maneggio lì vicino, e mio zio (che coltivava quell’alberello da anni) si é incazzato da matti.
Quando siamo andati a rotolarci in un prato non sapendo che pochi giorni prima era passato un gregge di pecore e non solo siamo tornati a casa maleodoranti, ma abbiamo anche preso le zecche, tanto che hanno dovuto togliercele con l’accendino, con noi due che strillavamo come se ci stessero marchiando a fuoco.
Quando fuori pioveva per giorni e giorni, come solo in montagna, e allora la soffitta diventava la nostra sala-giochi.
Quando in quella stessa soffitta abbiamo trovato una famiglia di ghiri in letargo (avete mai tenuto in una mano un ghiro addormentato, tutto avvolto nella sua coda? É un’esperienza che ti cambia dentro).
Quando sapevi che appena finita la pioggia i boschi si sarebbero riempiti di funghi, e forse é per questo che per me quella vecchia canzone di De Gregori ha sempre avuto un sapore speciale.
Quando abbiamo recuperato il vecchio fucile da caccia del nonno e ci abbiamo giocato ai banditi non sapendo che era ancora carico e quando poi se n’é accorto nostro zio ci ha gonfiati di botte tutti e due. Tanto per parcondicio.
Quando a fine estate le nostre mamme facevano la marmellata con le fragole dell’orto e i mirtilli selvatici, ed era dolce da poterci consolare per tutto l’inverno.
Quando giocavamo a chi riusciva a stare più tempo a fissare il sole senza chiudere gli occhi.
Quando raccoglievamo pezzi di corteccia d’albero nel sottobosco e ci ritagliavamo barchette, velieri e galeoni dei pirati.
Quando il vecchio fienile era un luogo inesplorato, e le sere d’estate arrivava un tasso, che probabilmente aveva la tana lì vicino, con il suo muso striato di bianco come se un imbianchino maldestro gli avesse disegnato due strisce, scendeva dal bosco, entrava nel nostro giardino, con le sue zampette corte calpestava tutti i geranei e la mattina dopo sapevi con certezza che era passato dal gran numero di zolle di terra rivoltate. Cose che a raccontarle a chi vive in città non ci si crede.
Ecco, io di quel luogo voglio ricordare solo questo, voglio ricordare solo le cose belle, voglio far finta che sia stato davvero il mio far west, la mia disneyland di montagna.
Tutto il resto preferisco dimenticarlo: le cattiverie, le invidie, le vendette, il vostro essere meschini, le critiche, il mio non essere mai abbastanza, mai alla vostra altezza, le cose non dette, il sarcasmo, le offese, infine gli insulti.
Sono ancora immobile, persa in questi ricordi, quando la musica del mio ipod mi riporta alla realtà.
Dio benedica la ripetizione casuale dell’ipod, la funzione random, che mi salva da questi pensieri assegnandomi all’improvviso quella canzone, quella del dito medio alzato (niente potrebbe essere più adatto in questo momento), che mi solleva da questi ricordi e mi riporta nel mio presente e futuro.
La mia carta d’identità recita: “Nata a Pieve di Cadore”.
Come un marchio di fabbrica.
Come la mia lettera scarlatta.
Ecco, tenetevela Pieve di Cadore, tenetevi le dolomiti, tenetevi i monti che si tingono di rosa al tramonto, tenetevi la neve d’inverno e i gigli selvatici d’estate, tenetevi tutto, tenetevi il vecchio cassettone di legno che mi spetterebbe per asse ereditario, tenetevi anche tutta la valigia di brutti ricordi che contiene.
Io non visiterò più quei luoghi.
Ho scelto altre geografie per far mettere radici ai miei sogni.



Colonna sonora: Rio - Ultima cellula
ma anche: Bruce Springsteen - My city of ruins

martedì 2 novembre 2010

... HaPPy HallOwEEn to everYbodY!!






(immagini rubate dal web: ambersnotebook, nowemma e 9to5chic)


... per lavare via le tue colpe...
... 'Shampoo Dirt-Devil'
... perché i tuoi peccati valgono!!




un anno fa.
un post su una serata 'Fuoriorario'.
mi sentivo su "un treno fermo, immobile, ma per me pieno zeppo di vita"
é passato un anno e venerdì sera mi sono ritrovata in quello stesso locale. su quello stesso treno.
dopo una giornata faticosamente meravigliosa.
la mia solita imbranataggine tecnologica.
una serata "affollata".
una sala starcolma.
la mia voglia di essere lì.
il solito "angolo vip".
la mia felpa fradicia di birra. chissenefrega!
due mojiti.
le chiacchiere sul treno.
il messaggio che non arriva dall'alto ma da dietro di te!
grandi amici e vecchie conoscenze 'stregate'.
tacchi alti e luci appese.
troppe cose da festeggiare.
"le mensole!!!"
"le mensole rock" (é un nuovo gruppo emergente...)
la notte delle novità.
prime volte che hanno il sapore di una vittoria.
Alki.
gli imprevisti portoghesi.
abbracci sinceri.
un po' di nebbia che rende tutto ancora più fatato.
un rientro inusuale.
devo dirlo sinceramente? fa uno stano effetto... ma é un bellissimo effetto!