mercoledì 24 novembre 2010






Quando ero piccola una delle cose che più mi piaceva fare era disegnare gioielli e bijoux favolosi sulla carta quadrettata dei quaderni di scuola...
Immaginavo diademi, bracciali e qualsiasi tipo di prezioso ornamento.
Poi li coloravo scegliendo dall’astuccio i colori più sfacciati e incredibili.
Infine ricoprivo tutto con due passate di scotch trasparente (per rendere più robusta la carta e al tempo stesso impermeabilizzare il tutto), li ritagliavo... et voilà!
Mi immaginavo di essere una principessa di qualche paese esotico alle prese con il tesoro di Ali Babà e i 40 ladroni.
Organizzavo anche delle sfilate di moda nel salotto di casa dei miei.
La catwalk era il corridoio tra il soggiorno e la cucina.
Mi faceva sentire un autentico pavone in miniatura.
Ora girovagando su internet ho scoperto questa nuova mania: si chiama “jewelgraphy” e pare che consista nella realizzazione di gioielli fatti di carta (!!!!)
... le idee più semplici sono sempre le più avveniristiche!



venerdì 19 novembre 2010



... La Gianna nazionale é apparsa pochi giorni fa sulla copertina di Vanity Fair.
Con questa immagine.
Vorrei saper descrivere con parole quello che mi ha mosso dentro questa immagine.
Non é una questione di gravidanza, o di maternità. é una questione di grinta.
Proverò a spiegarmi:
Le generazioni precedenti alla mia crescevano con il mito di cenerentola, di biancaneve, o della bella addormentata nel bosco. Donne dolci e umili che alla fine venivano comunque premiate. Docili e stupide, che alla fine avevano comunque il loro squallido ‘happy end’.
Col cazzo.
Ho sempre rifiutato questo stereotipo.
Secondo me tutto quello di buono che ti arriva nella vita é perché hai lottato.
Perché te lo sei conquistato.
Perché hai mostrato i denti e le unghie.
Mi rifiuto di piegarmi all’idea che basta starsene lì a sperare e i tuoi desideri si realizzano da soli.
Non ci sarebbe gusto.
Ecco.
Questa foto della Gianna col pancione e la maglietta “God is a woman”, bella, sorridente, spettinata, grintosa, forte, indomita, é la mia personale idea di favola a lieto fine.
É un modello.
É la dimostrazione che qualsiasi sia il tuo sogno, devi conquistartelo.
Che per quanto sia difficile ce la puoi fare.
Che se ci metti passione e impegno, se ci investi tante energie, alla fine ce la fai.
É cenerentola che va al ballo guidando il suv e con la zucca ci cucina i tortelli.
É la prova che alla fine i buoni vincono.
Non solo nelle favole.

Colonna sonora: Gianna Nannini - Grazie
Ma anche: Vasco - Laura aspetta un figlio per Natale




... l’altra sera, dopo il programma di Fazio e Travaglio, mi é tornata in mente una cosa...
É successo qualche anno fa quando ero ancora studente e prendevo i mezzi pubblici tutti i giorni per andare a scuola.
Un pomeriggio di luglio, di ritorno da un esame.
Sotto un sole impietoso, come solo in luglio a Milano.
Le lamiere della metropolitana di superficie arroventate che ci potevi cuocere sopra un uovo strapazzato.
A un certo punto é salita sul treno una bambina, da sola.
Piccolissima, avrà avuto 5 o 6 anni al massimo.
Stravolta, di stanchezza, di caldo, di sfinimento.
Una zingarella bambina ma con lo sguardo già da grande, di chi é dovuto crescere in fretta suo malgrado.
Una bambola con il vestito rovinato.
Ricordo di aver pensato “Santo cielo, con questo caldo, chissà da quante ora non beve un goccio d’acqua.”
Ha recitato la sua filastrocca e ha percorso il vagone per la sua piccola questua, trascinando le scarpe stanche lungo il vagone semi-vuoto nell’orario di metà pomeriggio.
Ricordo di averle dato un paio di merendine che avevo nello zaino di scuola e qualche moneta.
Un’altra ragazza accanto a me, anche lei studente, le ha dato un succo di frutta.
Altri ragazzi anche loro un po’ di soldi.
Lei ha raccolto il suo piccolo bottino, ci ha sorriso, e ha proseguito.
Un vecchio seduto di fronte a me, un vecchio bastardo, un vecchio con lo sguardo cattivo, come solo gli egoisti sanno essere, si é frugato in tasca, ha preso due monete da 1 centesimo l’una e gliele ha buttate sul pavimento lurido della metropolitana.
Gliele ha buttate in terra perché lei fosse obbligata a chinarsi per raccoglierle.
Gliele ha buttate con disprezzo come non butterei neanche un boccone di pane a un randagio.
Lei si é chinata e ha raccolto le due monete da un cent.
Si é rialzata, e ha osservato quei due dischetti di rame nella sua mano.
Si é guardata in giro, ha guardato me e gli altri ragazzi che erano sul treno.
Poi ha volto lo sguardo verso il vecchio.
E gli ha restituito le monete.
Dando a lui una lezione di vita, e tatuando nella mia testa quella scena in modo incancellabile.
Sono passati un po’ di anni, ma mi ricordo questo episodio come se fosse accaduto ieri.
Ecco, questo vorrei dire:
Io resto qui, perché credo che possiamo fare molto meglio di così.
Io resto qui, perché penso che gli italiani siano, mediamente, di gran lunga migliori di quello stupido vecchio.

Colonna sonora: Shakira - Gipsy
ma anche: Negrita - Ma come fanno
L'angolo delle frivolezze e del Trash:

L’altra sera, cazzeggiando tra i tanti canali spazzatura di Sky, mi sono imbattuta in un programma super-trash.
Si tratta di “fashion police”... una cozzaglia di spezzoni di programmi spazzatura rimaneggiati e rimasticati (a volte si trovano anche i segni dei denti dei produttori del format) da una giuria di esperti (???) che valutano il look e gli ‘outfit’ delle varie star.
É davvero televisione spazzatura, lo so.
Riduce i neuroni degli spettatori a una massa di girini comatosi, lo so.
E non dovrei assolutamente guardarla, lo so.
Ma qualche volta me ne guardo una puntata... Così, tanto per farmi del male.
Ora, vorrei parlarvi un attimo di come é composta la giuria di questo programma così edificante:

Joan Rivers - vulcanica e senza peli sulla lingua, sempre molto anfetaminica e a tratti cattivissima.
Giuliana Rancic – bellissima anche se un po’ perfettina... molto 'prima della classe'!
George Kotsiopoulos – notizie non pervenute... mai sentito nominare prima!
Kelly Osbourne - ... avete presente, vero????

Non fraintendetemi, mi piace Kelli Osbourne, é simpatica, e di sicuro adoro il suo satanico paparino... ma come può proporsi come esperta di moda, atteggiarsi a icona di stile e raffinatezza una che fino allo scorso anno si vestiva... così!??

This is... Me!





(immagini rubate dal web)

Domenica pomeriggio.

Tuta da ginnastica e i-pod come compagnia per la mia corsa pomeridiana.
Esco di casa, attraverso la strada di corsa e mi perdo in una zona verde, con pochissimo traffico.
La musica mi fa compagnia e le gambe prendono subito il ritmo giusto.
All’improvviso un brivido sgradevole, una sensazione inquieta che mi prende di sorpresa.
É l’odore aspro di resina, probabilmente viene da qualche albero spezzato dai recenti temporali o dalla neve dell’inverno scorso.
Marcel Proust diceva che gli odori hanno il potere di farci muovere indietro nel tempo.
Aveva ragione.
All’improvviso mi ritrovo bambina e sono di nuovo la ragazzina cresciuta tra i monti.
Quando andavo per boschi con mio cugino, più grande di me di soli 2 anni, e ci fermavamo ore a ascoltare il silenzio, quel silenzio surreale che c’é solo nel bosco, e l’unico rumore arriva dall’alto ed é il vento che accarezza le punte delle chiome degli alberi sopra le nostre teste. Un silenzio ovattato, accompagnato da un odore umido, che diventa ancora più forte se é in arrivo un temporale. E i ciclamini, che sono piccolissimi ma hanno un profumo fortissimo, mica come quelli del fiorista. E passavamo pomeriggi interi nei boschi, a inventarci storie, noi due e il nostro cane, che tirava come un disperato e io tornavo a casa con un braccio indolenzito per la fatica di tenerlo al guinzaglio. E una volta ci siamo addormentati ad ascoltare quel silenzio, sdraiati in quel fresco fogliame, e quando ci siamo svegliati c’era un cerbiatto che ci fissava, immobile a pochi metri da noi.
All’improvviso mi tornano in mente tutte queste cose.
Quando mio cugino mi ha insegnato a contare gli anelli di un tronco tagliato per stabilire l’età delle piante.
Quando io e lui passavamo ore e ore nel vecchio fienile.
Quando mi hanno insegnato a spaccare la legna per il camino: “bisogna stare ben piantati sui piedi, sennò rischi di tirarti l’accetta in una gamba”.
Quando abbiamo raccolto tutte le mele di un albero per portarle ai cavalli di un maneggio lì vicino, e mio zio (che coltivava quell’alberello da anni) si é incazzato da matti.
Quando siamo andati a rotolarci in un prato non sapendo che pochi giorni prima era passato un gregge di pecore e non solo siamo tornati a casa maleodoranti, ma abbiamo anche preso le zecche, tanto che hanno dovuto togliercele con l’accendino, con noi due che strillavamo come se ci stessero marchiando a fuoco.
Quando fuori pioveva per giorni e giorni, come solo in montagna, e allora la soffitta diventava la nostra sala-giochi.
Quando in quella stessa soffitta abbiamo trovato una famiglia di ghiri in letargo (avete mai tenuto in una mano un ghiro addormentato, tutto avvolto nella sua coda? É un’esperienza che ti cambia dentro).
Quando sapevi che appena finita la pioggia i boschi si sarebbero riempiti di funghi, e forse é per questo che per me quella vecchia canzone di De Gregori ha sempre avuto un sapore speciale.
Quando abbiamo recuperato il vecchio fucile da caccia del nonno e ci abbiamo giocato ai banditi non sapendo che era ancora carico e quando poi se n’é accorto nostro zio ci ha gonfiati di botte tutti e due. Tanto per parcondicio.
Quando a fine estate le nostre mamme facevano la marmellata con le fragole dell’orto e i mirtilli selvatici, ed era dolce da poterci consolare per tutto l’inverno.
Quando giocavamo a chi riusciva a stare più tempo a fissare il sole senza chiudere gli occhi.
Quando raccoglievamo pezzi di corteccia d’albero nel sottobosco e ci ritagliavamo barchette, velieri e galeoni dei pirati.
Quando il vecchio fienile era un luogo inesplorato, e le sere d’estate arrivava un tasso, che probabilmente aveva la tana lì vicino, con il suo muso striato di bianco come se un imbianchino maldestro gli avesse disegnato due strisce, scendeva dal bosco, entrava nel nostro giardino, con le sue zampette corte calpestava tutti i geranei e la mattina dopo sapevi con certezza che era passato dal gran numero di zolle di terra rivoltate. Cose che a raccontarle a chi vive in città non ci si crede.
Ecco, io di quel luogo voglio ricordare solo questo, voglio ricordare solo le cose belle, voglio far finta che sia stato davvero il mio far west, la mia disneyland di montagna.
Tutto il resto preferisco dimenticarlo: le cattiverie, le invidie, le vendette, il vostro essere meschini, le critiche, il mio non essere mai abbastanza, mai alla vostra altezza, le cose non dette, il sarcasmo, le offese, infine gli insulti.
Sono ancora immobile, persa in questi ricordi, quando la musica del mio ipod mi riporta alla realtà.
Dio benedica la ripetizione casuale dell’ipod, la funzione random, che mi salva da questi pensieri assegnandomi all’improvviso quella canzone, quella del dito medio alzato (niente potrebbe essere più adatto in questo momento), che mi solleva da questi ricordi e mi riporta nel mio presente e futuro.
La mia carta d’identità recita: “Nata a Pieve di Cadore”.
Come un marchio di fabbrica.
Come la mia lettera scarlatta.
Ecco, tenetevela Pieve di Cadore, tenetevi le dolomiti, tenetevi i monti che si tingono di rosa al tramonto, tenetevi la neve d’inverno e i gigli selvatici d’estate, tenetevi tutto, tenetevi il vecchio cassettone di legno che mi spetterebbe per asse ereditario, tenetevi anche tutta la valigia di brutti ricordi che contiene.
Io non visiterò più quei luoghi.
Ho scelto altre geografie per far mettere radici ai miei sogni.



Colonna sonora: Rio - Ultima cellula
ma anche: Bruce Springsteen - My city of ruins

martedì 2 novembre 2010

... HaPPy HallOwEEn to everYbodY!!






(immagini rubate dal web: ambersnotebook, nowemma e 9to5chic)


... per lavare via le tue colpe...
... 'Shampoo Dirt-Devil'
... perché i tuoi peccati valgono!!




un anno fa.
un post su una serata 'Fuoriorario'.
mi sentivo su "un treno fermo, immobile, ma per me pieno zeppo di vita"
é passato un anno e venerdì sera mi sono ritrovata in quello stesso locale. su quello stesso treno.
dopo una giornata faticosamente meravigliosa.
la mia solita imbranataggine tecnologica.
una serata "affollata".
una sala starcolma.
la mia voglia di essere lì.
il solito "angolo vip".
la mia felpa fradicia di birra. chissenefrega!
due mojiti.
le chiacchiere sul treno.
il messaggio che non arriva dall'alto ma da dietro di te!
grandi amici e vecchie conoscenze 'stregate'.
tacchi alti e luci appese.
troppe cose da festeggiare.
"le mensole!!!"
"le mensole rock" (é un nuovo gruppo emergente...)
la notte delle novità.
prime volte che hanno il sapore di una vittoria.
Alki.
gli imprevisti portoghesi.
abbracci sinceri.
un po' di nebbia che rende tutto ancora più fatato.
un rientro inusuale.
devo dirlo sinceramente? fa uno stano effetto... ma é un bellissimo effetto!