mercoledì 4 maggio 2011



Non ho molta dimestichezza con i miei vicini di casa.
Li vedo poco e a volte mi appaiono sconosciuti come un elettrodomestico troppo complicato.

A causa dei miei orari sregolati mi capita rarissimamente di incrociarli.
So che hanno due figlie: una di 18 anni e l’altra di 14 circa.
E un cane.
L’altro giorno incontro il padre. Me lo trovo davanti nel parcheggio.
4 parole di convenienza.
"... Come va, finalmente é arrivato un po’ di caldo, come stanno le figlie..."
Senza che neanche me ne renda conto, comincia a raccontarmi che é in pensiero per la figlia più piccola, che ultimamente é molto-molto dimagrita, “ma per carità, se la incontri non glielo dire, perché... é un po’ così... e poi... non so neanche io come dirlo... ma lei... sai... hem.. se le si dice che é troppo magra, lei lo prende come un complimento, si compiace...
Sembra imbarazzato mentre ne parla, poi abbassa gli occhi e mi guarda le gambe fasciate in un paio di jeans taglia 38, e si rende conto che ha fatto una figura da stupido... un po’ come quello che spiega al gatto come deve fare ad arrampicarsi.
Accenno una risata, nel tentativo di sollevarlo dal baratro di imbarazzo in cui é precipitato senza imbracatura né equipaggiamento.
Ma a pensarci bene non c’é proprio un cazzo da ridere.
Poi arriva lei, la figlia.
Un pettirosso da combattimento biondo.
Mi guarda, io guardo lei.
Mi scruta da testa a piedi.
Poi sorride, di un sorriso di sorellanza.
Inutile che cerchi di spiegare questa cosa, bimba.
Siamo fatte uguali.
Il padre assiste a questa schermaglia di sguardi.
Sorride di un sorriso senza allegria, che a me sembra di gratitudine.
Anche se qui non c’é niente che lui possa capire.
Anche se neanche una briciola di tutto questo é accessibile a lui.

colonna sonora: gelato al cioccolato, un po' dolce un po' salato
ma anche: quella che non sei - Ligabue








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